La collezione

Le Marionette

Prestigiose, piccole creature, dotate fin dalla nascita dei favori delle fate, le marionette hanno ricevuto dalla scultura, la forma; dalla pittura, il colore; dalla meccanica, il movimento; dalla poesia, la parola; dalla musica e dalla coreografia, la grazia e la misura dei passi e dei gesti; infine, dall’improvvisazione, il più prezioso dei privilegi, la libertà di dire ciò che si vuole.

Le origini della marionetta sono antichissime e la storia testimonia che i primi spettacoli sono soprattutto legati a cerimonie religiose dove le marionette hanno la funzione di animare le divinità.

La marionetta è un pupazzo fatto di legno, stoffa o altro materiale con un corpo snodabile che viene mosso dall’alto, tramite l’ausilio di fili collegati ad una croce di legno (o bilancino), retta da uno o più marionettisti posizionati una struttura chiamata “ponte teatrale”. La figura della marionetta veste abiti eleganti e con i suoi movimenti risulta aggraziata e raffinata. Il teatro delle marionette offre la possibilità di ricreare un mondo verosimile, dove i personaggi nascono come attori e possono interpretare ruoli diversi. Il repertorio è soprattutto musicale, composto da opere, melodrammi, balli e la colonna sonora è registrata o eseguita da un’orchestra dal vivo.

La parola “marionetta” potrebbe derivare dalle “Marie di legno”, ex voto offerti alla Vergine dai Veneziani per aver salvato dai pirati dodici fanciulle veneziane intorno all’anno Mille, o dalle grandi statue chiamate “Marione” (grandi Marie), fatte sfilare al posto di fanciulle scelte fra il popolo, alle quali la Serenissima avrebbe elargito la dote di sposa.

Il Teatro di Marionette da sempre è considerato uno spettacolo riservato ad un pubblico raffinato, volto a stupire gli spettatori con artifici meccanici e con la grazia e l’eleganza dei movimenti stessi delle marionette, tanto da apparire come persone capaci di compiere esercizi impossibili all’uomo. Quasi tutte le famiglie aristocratiche italiane del Settecento possedevano infatti in casa un teatrino di marionette, dove varie compagnie di marionettisti rappresentavano, riadattandoli, drammi, poemi epici e opere liriche.

Dopo la Rivoluzione Francese, le marionette cessarono di essere esclusivamente attrazione per l’aristocrazia, rivolgendosi ad un pubblico borghese con spettacoli in vari teatri di numerose città. A partire dal XIX secolo nacquero compagnie girovaghe e stanziali e, nelle grandi città, si svilupparono teatri popolari stabili per le loro esibizioni. Questi teatri diventarono accessibili ad un vasto pubblico che non poteva frequentare i grandi teatri lirici, dati gli alti costi, accontentandosi di piccoli riadattamenti di celebri opere.

Le marionette della Collezione Monticelli provengono dalla compagnia “Fantocci Lirici Yambo” di Enrico Novelli (1875-1944), dalla Famiglia Picchi e ovviamente dalla compagnia di famiglia. 

I burattini

La presenza dei burattini in Italia è accertata da documenti che risalgono al XV e XVI secolo, ma si presume esistessero già fin dall’Epoca Romana, senza però essere distinti dalle marionette. Solo dall’epoca rinascimentale, infatti, burattini e marionette assumono due connotazioni differenti.

Dal 1400 i burattini sono usati da ciarlatani e venditori ambulanti come mezzo pubblicitario per la loro merce, al fianco di mestieri più o meno leciti o come spettacolo autonomo. Verso la fine del Settecento diventano interpreti di veri e propri spettacoli di compagnie girovaghe e stanziali. Dalle semplici farse si passa a rappresentazioni drammatiche e melodrammatiche.

Il termine “burattino” deriva quasi sicuramente da “buratto”, una parola bolognese che designava una stoffa grezza di canapa che serviva per separare la farina dalla crusca e la stessa tela veniva usata per confezionare gli abiti dei burattini.  Esso è composto da tre parti: testa e mani solitamente di legno, cartapesta, creta e veste di stoffa. Nel burattino tradizionale, la testa è sempre più grossa del corpo come ad indicare una caricatura dei volti, una sorta di esagerazione delle fattezze umane. Il burattinaio, nascosto all’interno della baracca (chiamata anche casotto o castello), infila la mano sotto al vestito muovendolo dal basso e dandogli le voci. Il linguaggio è semplice, immediato, ironico, comico e comprensibile a tutti. All’interno della baracca c’è sempre anche un’altra persona che funge da aiutante per gli effetti speciali (fuoco, acqua, luci, musica, rumore delle bastonate).

Il teatro dei burattini si afferma dopo la Rivoluzione Francese:  l’avvento del teatro Giacobino, con la sua poetica volta a salvaguardare la moralità e la dignità dell’uomo, mette in crisi le maschere della Commedia dell’Arte e tutto il loro repertorio, costringendole a “rifugiarsi” nella baracca dei burattini. Nel XIX secolo i burattini sono un fenomeno comune nelle piazze delle città, e diventano un’attrazione in grado di coinvolgere un gran numero di persone di ogni età, sesso, religione.

Tra i burattini si segnalano una serie di maschere tradizionali emiliane (Fagiolino, Sandrone, Dottor Balanzone) che appartenevano alla compagnia Burattineide di Agostino Galliano Serra, ritrovata da un ricercatore in un’antica chiesa bolognese e annessa alla Collezione negli ultimi decenni.

Le scenografie

Fanno parte della Collezione 132 scenografie. Le più preziose sono quelle della prima metà dell’800 appartenute ad Ariodante e alla Famiglia Picchi. Sono tutte di carta tranne una che è in tela, regalata ad Otello dal famoso burattinaio bolognese Ciro Bertoni. Molte scenografie, in origine, erano state fatte per il teatro delle marionette, con misure che raggiungevano i 6-7 metri di larghezza e i 3-4 metri di altezza; poi la gran parte di loro è stata rimpicciolita per essere usata nel “casotto” dei burattini.

Le scenografie sono tutte di carta tranne una in tela, regalata ad Otello dal famoso burattinaio bolognese Ciro Bertoni. Molte di queste in origine erano state fatte per il teatro delle marionette, con lunghezze che raggiungevano i sei-sette metri di larghezza e i tre-quattro metri di altezza, ma in gran parte hanno subito un ridimensionamento per essere usata nel “casotto” dei burattini. Alla prima metà dell’Ottocento risalgono le preziose scenografie appartenute alla Famiglia Picchi e al capostipite Ariodante Monticelli, mentre di inizio Novecento sono le scenografie dipinte da Agostino Galliano Serra e dell’immediato dopoguerra quelle create da William Monticelli. Una sezione espositiva (pupazzi, scenografie, locandine) è dedicata anche agli ultimi venticinque anni di lavoro del Teatro del Drago, fondato nel 1979 da Andrea e Mauro Monticelli.

I copioni manoscritti

Ci sono circa 133 copioni, in gran parte manoscritti (cioè scritti a mano, non stampati). I più antichi sono 12 copioni manoscritti dal capostipite Ariodante. Su uno di questi c’è scritto “Ariodante Monticelli pel suo edifizio di marionette”: proprio confrontando la calligrafia si è capito che anche gli altri 11 copioni erano dello stesso autore. Altri copioni erano di Vittorio, di Otello, di Vasco, di William. Inoltre ci sono copioni appartenuti a Genoveffa e Agostino, alle compagnie marionettistiche dei Fratelli Picchi e di Yambo, oltre ad alcuni di cui non si sa chi li ha scritti.

Tra i copioni manoscritti, dodici sono di importante valore, in quanto redatti nella prima metà dell’Ottocento da Ariodante Monticelli, capostipite della famiglia; gli altri portano la firma delle altre generazioni di famiglia: Vittorio Cesare Monticelli, Genoveffa Peli Monticelli, Otello Monticelli, Vasco Monticelli, William Monticelli; i restanti sono opera di noti artisti del teatro di marionette e burattini: Enrico Novelli, i Fratelli Picchi, Ettore Forni, Ciro Bertoni, Agostino Galliano Serra, solo per citarne alcuni. Eccezioni particolari sono rappresentate da alcuni copioni di Mario Bellio. 

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